LA RABBIA DEI PADRI, capitolo 1 – di Emanuele Pizzatti
Definizione e introduzione:
La diligenza del Buon padre e della buona madre di famiglia è espressione utilizzata per indicare il metro di giudizio, il criterio oggettivo ed astratto per la valutazione di quella diligenza che il codice richiede affinché non sussista colpa, cioè la diligenza media che si può pretendere da un uomo medio e da una donna media.
Il “buon padre di famiglia” , così come “la buona madre” sono coloro che “ci tengono” che sono premurosi, che fanno di tutto pur di realizzare l’interesse dei figli. Il che significa che assumono l’impegno a conseguire, quanto più possibile, il risultato promesso. Che faranno di tutto per soddisfare le esigenze e le richieste dei propri figli. Non gli basta, ad esempio, raggiungere il minimo necessario se possibile ottenere un risultato superiore. Questo a prescindere dalle sue particolari competenze, insomma la diligenza del buon padre e della buona madre di famiglia ritiene irrilevanti le loro eventuali difficoltà individuali.
Capitolo 1 – LA RABBIA DEI PADRI
Un paese senza genitori e senza figli. Questo emerge dal Rapporto sulla Popolazione Cisf 2020 – La Famiglia nella società postfamiliare. La famiglia risulta essere un istituto in liquidazione che nella sua estinzione rischia di trascinare nel baratro la società intera, non essendo sostituibile da nessun altro modello.
Del resto oltre un ventennio di convinta azione politica di contrasto alla famiglia ha portato i suoi frutti. I politici di ogni schieramento hanno aderito, chi da protagonista, chi da complice e chi infine da spettatore che preferisce non immischiarsi per non creare divisioni o attriti. Se avesse agito così Gesù Cristo provate ad immaginare che razza di buona novella avrebbe portato.
Per i giovani la famiglia è un elemento indifferente ed è famiglia ogni tipo di aggregazione sociale. Non è rappresentata da un modello definito e funzionante ma rispecchia un infinito insieme di possibili soluzioni che solo la fantasia può limitare. A parte il 10 % degli intervistati che vede la famiglia in maniera molto critica, un 33 % è suddiviso fra tradizionalisti progressisti cioè “aperti” ad ogni soluzione, e “conservatori”, per definizione “chiusi” alle novità. Per il restante 57 per cento la questione è “indifferente”.
Tra i giovani solo il 25% pensa di voler avere una famiglia e dei figli, di questi ben pochi desiderano andare oltre la media di figli attuale dell’UNO virgola qualcosa, ma non troppo.
Di famiglia parlano tutti i governanti e gli amministratori ad ogni livello, soprattutto quando cercano voti. Sempre però concludendo che prima bisogna sistemare i conti (cosa che non accadrà per almeno i prossimi trent’anni) e bisogna rivedere le pensioni (questo sì potrà accadere, purtroppo) e bisogna lottare contro l’evasione fiscale (una delle balle più clamorose che ci hanno venduto a piene mani) e bisogna fare altre centinaia di cose per cui non si fa nulla per il nucleo fondante della nostra società. Ma allora per chi e per quale motivo si deve sistemare tutto il resto, se stanno crollando le fondamenta? A che pro dedicare tanta fatica al restauro del tetto se quello che lo sostiene sta crollando?
Qualche politico in carriera, sia esso un semplice consigliere comunale oppure provinciale o magari di casta superiore, sostiene addirittura di aver fatto qualcosa per la famiglia o per la “cultura della vita” che ha senso solo in ambito familiare. Si tratta spesso di qualche elemento estetico di scarsa visibilità e soprattutto di pochissimo costo, che comunque contribuisce positivamente a stimolare un qualche movimento neuronale sul tema fondamentale, ma non riesce di sicuro ad ottenere significativi effetti positivi.
Occorre invece lavorare come buoni padri e buone madri di famiglia, soprattutto se tocca amministrare potere, gestire cose pubbliche. La definizione riportata all’inizio indica cosa possa significare.
Cosa bisogna fare è del tutto evidente, facile da capire e da applicare copiando anzitutto chi nel mondo ha ottenuto qualche risultato. Ma richiede impegno finanziario e quindi prima di qualunque altra cosa è indispensabile effettuare tagli alle spese inutili o dannose (tantissime e facili da individuare), bloccare la tendenza irrefrenabile allo sperpero tipica di molti governanti e governatori, impedire il welfare assistenzialistico, licenziare gli inutilmente assunti in ossequio di malapolitica, considerare un bottino (da rapina) e non un diritto acquisito ciò che è stato assegnato con inique leggi nazionali e locali, pensioni e vitalizi compresi. Ridurre le tasse sia nel numero che nell’ammontare ben prima della lotta all’evasione, giustificata proprio dalla eccessiva richiesta e dalla mala gestione del denaro raccolto, portandole ad un livello logico e corretto come indicato da tanti paesi europei.
Molti dei problemi sociali oggi in rapido incremento derivano proprio dalla disgregazione familiare. La violenza, i femminicidi, i maschicidi, gli abusi, il razzismo, l’intolleranza sociale e quella politica, nascono e crescono facilmente in assenza di famiglia equilibrata. Spesso in assenza di padre. Sempre in assenza di buon padre di famiglia.
E’ urgente risanare i bilanci, passando per la lotta allo sperpero, proprio data l’urgenza di sostenere la famiglia. Da lì verranno migliori sostegni agli anziani, ai disabili, migliori livelli educativi dei ragazzi, migliori persone inserite nel mondo del nostro prossimo futuro. E’ folle continuare a pensare agli interventi per la famiglia solo laddove siano gratuiti, quindi per forza di cose teorici, filosofali. Un bel pensiero alla famiglia, magari un incontro pubblico, un documento condiviso e poi una pacca sulle spalle e basta così per dimostrare di aver “fatto qualcosa” per la famiglia e per la vita. Cari amministratori abbiate il coraggio di mettere in atto vere azioni a sostegno delle famiglie, fino a poter misurare quanti figli in più sono nati in paese grazie al vostro lavoro. Vi siete mai sentiti dire da qualcuno “grazie a Lei ho deciso di avere un altro figlio”?
Occorre assolutamente sostenere le famiglie applicando il criterio del carico familiare in ogni tassa, balzello, prebenda o ammenda dovuta. Ed anche in ogni servizio a pagamento, specie se richiesto per la vita familiare. Costruire una casa, ad esempio, deve essere molto diverso per chi ci deve vivere con la propria famiglia da chi sta investendo accantonando proprietà. Acquistare una macchina magari grande perché la famiglia è numerosa deve essere diverso dall’acquisto di un bolide sportivo e lussuoso. Anche pagare il dentista deve tenere in debito conto il carico familiare. Quale senso ha l’imposta sul valore aggiunto, l’IVA, nel pagare servizi indispensabili che non aggiungono affatto valore al nostro capitale ma rispondono ad esigenze di sopravvivenza e di crescita del capitale sociale? Distinguere chiaramente il reddito della famiglia da quello individuale. Favorire decisamente la coppia che decide di investire nella propria discendenza che deve essere considerata capitale sociale, il futuro della società. Non solo i genitori ma la Società intera deve investire nel suo futuro e nei figli che qualcuno, coraggiosamente, mette al mondo.
Siamo così europei da non riuscire nemmeno a capire cosa fanno i nostri confinanti in questo senso e copiarli. Siamo così nazionalisti da pensare di essere magnifici inventori e passare decenni ad inventare nuove tasse o nuove modalità di tassazione, comunque sempre nuove entrate per lo stato e nuove uscite per le persone e la famiglia.
I padri di famiglia sono molto arrabbiati per aver subito per alcuni decenni il costante, lento e inesorabile impegno alla demolizione della figura del padre. Era un passaggio indispensabile per assalire infine quel che rimaneva dell’istituto famiglia parzializzato e ridotto a parodia di quel che dovrebbe essere.
Sopravvive invece saldamente nella percentuale, di certo in minoranza, che ancora riesce a vivere il progetto familiare nella donazione che lo contraddistingue, nello sforzo di portare alle generazioni future quelle consolidate e splendide abitudini, quei valori che sono il frutto di qualche secolo di esperienza viva. Non solo sopravvive ma facilmente dimostra la soddisfazione che porta lo sguardo dei suoi componenti a stupire, a domandarsi quale sia il segreto di tanta felicità. Vive intensamente nelle famiglie numerose, vero tesoro sociale, spesso esempio altamente contagioso, sempre provocatori della segreta domanda “perché anche io non faccio così?” che le menti libere si pongono quando le incontrano.
Siccome sopravvive di certo sarà lievito del futuro costrutto sociale, ma prima si dovrà passare per un vissuto di tale intensità da portare molte ottenebrate menti a capire. Speriamo non siano troppo lente e dure nel credere a ciò che guardano ma non riescono a vedere, a ciò che sentono ma non ascoltano.
Non pagheranno mai le loro colpe tutti coloro che tanto hanno fatto per portarci al crollo delle nascite, a non credere più nella famiglia, a sognare un mondo senza più limiti né confini né Dio né regole come cantava John Lennon osannato da tutti per questo. Ma non ci interessa alcun tipo di vendetta, se la vedranno in cielo quando verrà il loro momento.
Il modo migliore che abbiamo per migliorare le cose consiste nell’amare la nostra famiglia ancora di più. Nel vivere con coraggio scelte di vita familiare che costano, che impediscono carriere, che richiedono donazione vera e che regalano soddisfazione piena, tanta, abbondante, 100 volte tanto quello che ci sembra di dover lasciare.